In questo articolo riportiamo la testimonianza di un confessore ottantenne bergamasco, e a chi è interessato a fare una bella confessione per affrontare il nuovo anno senza zavorre, indichiamo un fondamentale suggerimento di lettura utile a fare luce sullo stato di salute della propria coscienza. Buona lettura.
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I preti non hanno più tempo. Il rito è stato banalizzato (...).
Oggi si confessa in maniche di camicia, in casa, nei banchi, all’aperto, ovunque! Con la farsa del Covid anche il vecchio “confessionale” è stato abbandonato. La gente fatica a confessarsi, perché anche la Chiesa – e i preti in particolare – sembrano faticare a crederci davvero a questo sacramento .
Come ogni Domenica ho confessato. Come sempre: pochi, ma buoni. Se sono buoni i - pochi - penitenti rimasti, non è altrettanto buono il modo come noi li riceviamo.
Ho confessato davanti a un altare laterale, a sinistra, entrando ( in chiesa). Ovviamente, non ha nulla di adatto al sacramento: è solo uno spazio in cui si sono collocate due sedie. Non ha nulla di bello, se si eccettua, naturalmente, la splendida tela del Moroni che, però, non ha nulla a che fare con il Sacramento della Penitenza.
D’altronde non si può fare diversamente. Si occupano gli spazi rimasti liberi. Ma sono spazi che non sono stati concepiti per confessare.
Il non-spazio del sacramento della penitenza è, forse, l’ultimo atto di una deriva di questo sacramento, sempre meno praticato dai fedeli e sempre meno considerato dalla stessa liturgia e dai preti che ne sono i “ministri” e quindi i primi responsabili.
Siamo arrivati, ormai a una fase in cui è stato tolto al sacramento della confessione ogni tipo di identità liturgica.
Già da tempo, si confessa in chiesa o in casa. Si confessa in maniche di camicia o – molto raramente – con un paramento liturgico. D’altra parte, quale è il paramento liturgico “adeguato” per questo sacramento? Oggi i novelli sacerdoti come altri meno giovani non lo sanno.
Da qualche parte deve essere scritto. Ma non si sa dove è scritto e non si sa che cosa è scritto, ma carissimi confratelli ve lo dico io: "Si indossa cotta e stola viola, sulla talare!".
Quando si discute facendo simposi sul sacramento della penitenza, come i teologi chiamano quello che la gente nomina come confessione, si parla subito di crisi, di allontanamento massiccio dei cattolici da questa pratica. Certamente se chi entra in chiesa non trovi più il sacerdote seduto al confessionale, e quando lo trovi dice che non ha tempo, perché assorbito in tutt'altre faccende, è chiaro che un fedele non torna più e se torna non usufruirà più del sacramento.
La confessione è un mezzo concreto per riconciliarci con noi stessi e con Dio, per continuare a esercitarci nella conversione e per fare esperienza di Dio come di Colui che ci ama incondizionatamente e non dobbiamo isolare la confessione, separandola dall’intero annuncio di Gesù Cristo. Essa, infatti, ha il suo significato solo all’interno della chiamata di Gesù a una vita che corrisponda alla volontà di Dio e, nello stesso tempo, al nostro essere persone umane. Nella confessione incontriamo Gesù che ha perdonato ai peccatori la loro colpa e il Dio-Gesù Cristo che ci fa sperimentare il suo amore misericordioso.
Pio XII scriveva:”Forse il più grande peccato nel mondo di oggi è che gli uomini abbiano incominciato a perdere il senso del peccato” (26 ottobre 1946). Il motivo della dimenticanza della legge di Dio, sta nella perdita del linguaggio spirituale.
Vorrei concludere ricordando che - non è un caso se - quelle parrocchie in cui è stato nuovamente ripristinato il confessionale con il “penitenziere”, per una dignitosa celebrazione del rito del sacramento, sperimentano continuamente una crescita di fede e di vocazioni.
Vorrei ricordare soprattutto quei – pochi – fedeli che ci credono ancora e che si confessano per lo più molto bene. Sono pochi e anche per questo, avrebbero diritto a un migliore, più dignitoso trattamento da parte di noi sacerdoti, perché confessarsi bene, fa bene!
Torna la voglia di ricominciare, di pregare meglio, di rapportarsi in modo nuovo (con Dio), con gli altri e con se stessi.
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Per una buona confessione, cosa può essere più utile che rispolverare il Catechismo di San Pio X in particolare il Capo VI: dal num 672 al 794?
Fatto di domande e risposte, anche riguardanti l'esame di coscienza, sarà davvero utile per fare un po' di chiarezza sullo stato di salute della propria anima.
Ricordiamo che il paradisiaco Sacramento dell'Eucarestia, che fisicamente va ricevuto in ginocchio e sulla lingua, se ricevuto in peccato conduce alla condanna eterna.
Con l'arrivo del nuovo anno, risolviamoci di permettere al Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo di purificarci nel Confessionale, settimanalmente o mensilmente, anche per rendere un po' più accogliente la stalla del nostro cuore, al Divino Ospite Bambino che ci raggiunge a Natale e ad ogni Comunione.
Laudetur Jesus Christus nunc et semper
Veronica Cireneo
30 dicembre 2024***
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