a cura di Veronica Cireneo
Cari amici del blog degli Alleati dell' Eucarestia, offriamo alla vostra attenzione questo secondo articolo sull'Unità della Chiesa a firma di Simone Boscali, che ci scrive da Bergamo. Trovate la prima parte a questo collegamento.
Buona lettura e approfondimento...
§§§
Qualcuno ricorderà il film, a mio avviso bellissimo: "L'ultimo samurai"
(Edward Zick, 2003) in cui il protagonista, capitano Nathan Algren,
interpretato da Tom Cruise, viene a contatto con la ribellione dei samurai
contro l'imperatore giapponese Meiji. Con sua sorpresa Algren scoprirà, però,
che i samurai non sono per nulla ribelli contro l'imperatore, sebbene ne
combattano l'esercito, ma suoi fedeli servitori, ché col proprio gesto stanno
cercando di ricondurlo alle radici del Sol Levante.
Questa premessa voleva introdurci con un po' di colore a un problema che la
Chiesa di Roma sta vivendo ormai da tempo: una crisi in cui varie fazioni di
samurai, per così dire, stanno prendendo le armi non per combattere il proprio
imperatore, quanto per indurlo a tornare alle vere origini del cattolicesimo.
Negli ultimi sessant'anni, dal grande fiume della Chiesa di Cristo, sono via
via derivati diversi corsi d'acqua, qualcuno più grande, qualcun altro
estremamente ridotto, quasi un rigagnolo, ognuno dei quali portatore delle
varie visioni che hanno dolorosamente diviso, e continuano a dividere, la Casa
Mistica del Signore.
E' bene ricordare come queste diverse correnti che andremo tra poco a elencare
non costituiscano di per sé scismi, eresie o fughe dalla Chiesa di Roma (o
almeno, per qualcuna tra esse, non volontariamente), ma al contrario
incarnino, ciascuna, la convinzione di costituire la vera Chiesa fondata da
Nostro Signore Gesù Cristo.
Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-65) la massima parte dei fedeli
ha seguito pacificamente il nuovo corso della Chiesa e questa tendenza
continua a prevalere anche oggi.
Ma già da allora una minoranza ha sostenuto la posizione sedevacantista
considerando come ultimo legittimo pontefice Pio XII e invalidi i suoi
successori. Un nucleo numericamente molto ridotto sebbene rigoroso nella
difesa della Tradizione e del catechismo, ma che, con la messa in discussione
delle ordinazioni episcopali da parte di coloro che da allora non sarebbero
più veri papi, porrebbe un serio problema di continuità e mera sopravvivenza
della Chiesa visibile, anche in contraddizione col non praevalebunt.
All'interno della maggioranza che è rimasta fedele alla Chiesa, un gruppo ha
comunque deciso di continuare a seguire la Tradizione continuando a vivere la
propria fede come prima del Concilio, reinterpretando quest'ultimo in senso
pastorale e ridimensionandone di contro la portata dottrinale, teologica e
dogmatica. Sono coloro che, riconoscendo valida la successione di Pietro,
vengono detti tradizionalisti. Si tratta del rigagnolo, per riprendere la
metafora fluviale con cui abbiamo iniziato questa esposizione, in cui si
riconosce chi vi scrive: un rigagnolo i cui navigatori hanno quale principale
caratteristica dottrinale una sorta di benevola “bipolarità” per la quale da
un lato riconoscono assolutamente la successione dei Vicari di Cristo, ma non
hanno esitato a esprimere verso di loro ogni possibile correctio filialis,
umili e costruttive critiche con le quali sperano, come farebbe un figlio che
non potesse tacere di fronte agli errori dei genitori, di ricondurre l'intera
Chiesa alla propria identità preconciliare.
In una sorta di limbo si pongono i sostenitori della tesi di Cassiciacum,
condensata nel concetto di sedeprivazionismo, secondo la quale la successione
dei pontefici dal CVII in poi sarebbe valida da un punto di vista per così
dire amministrativo, burocratico, ragion per cui i fedeli possono ritenere
validi gli atti papali dal contenuto non dottrinale, ma al contrario ogni
norma, enciclica, dogma o proclamazione di santi, insomma ogni atto dal sapore
spirituale sarebbe invece invalido. Non manca a questa posizione una dose di
(sano) opportunismo, poiché ha il merito di salvare la capra della successione
pontificia, e quindi la sopravvivenza della Chiesa visibile, e il cavolo della
Tradizione preconciliare: unica prospettiva di fede riconosciuta, con
conseguente giustifica alla disobbedienza agli errori dei consacrati, finanche
del papa.
Va detto a questo punto che tanto nella Santa Messa sedevacantista quanto in
quella sedeprivazionista viene omesso il nome del romano pontefice.
Gli ultimi anni hanno scavato dal grande fiume della Chiesa una nuova
derivazione. A partire dalle incongruenze nella declaratio con la quale papa
Benedetto XVI, l'11 febbraio 2013, non avrebbe tanto abdicato, ma si sarebbe
posto in sede impedita, una nuova corrente nutrita soprattutto dai fedeli
della maggioranza conciliare ha continuato a riconoscere proprio Benedetto
come ultimo pontefice valido e giudicato di contro Jorge Mario Bergoglio un
antipapa. Si tratta di una gruppo forse non molto numeroso, ma senz'altro
visibile grazie al contributo tanto di laici, quanto di consacrati ora di
maggiore spessore intellettuale, ora più semplicemente folkloristici.
Una precisazione necessaria vuole che tra questi fedeli vi sia un'ulteriore
distinzione, che da una parte ci dà l'impressione di essere di fronte ad
un'autentica scissione dell'atomo ecclesiastico, ma dall'altro merita una
profonda riflessione, poiché se alcuni “sedeimpeditisti” ritengono valida solo
la Santa Messa con il nome del papa omesso (e in comunione con Benedetto XVI
sino al 31 dicembre 2022), molti altri, sulla scorta di più recenti
riflessioni, considerano valide anche le funzioni in comunione con Bergoglio
grazie al principio del Supplet Ecclesia.
Se quanto scritto sin qui venisse letto dal cattolico medio il quale, non è un
giudizio ma una constatazione, ha una preparazione dottrinale del tutto nulla
e una convinzione nella propria fede spesso sostenuta solo dall'inerzia,
questa povera pecorella ne uscirebbe totalmente stordita e disorientata tanto
più che le divisioni che abbiamo rapidamente presentate non riguardano la
cristianità, ma la sola Chiesa cattolica postconciliare.
Come detto all'inizio, al pari dei samurai del capitano Algren, nessuno tra i
pensieri elencati ha mai avuto la minima intenzione di uscire dal Corpo della
Chiesa di Roma per creare un'altra confessione in odore di eresia o di scisma.
E al di là delle intenzioni nessuno può lanciare una simile accusa contro
alcuno di loro.
Semmai è vero che ciascuna corrente rivendica a sé l'autentica adesione alla
dottrina cattolica lasciataci da Nostro Signore e imputando l'errore alle
altre.
Lungi da me infarcire il momento di un molto poco credibile “volemose bene” o
di un improbabile ecumenismo intra moenia col quale voler forzatamente
considerare come cosa unica e indistinguibile tutte le identità cattoliche
della nostra carrellata.
E' evidente che una Santa Messa in comunione con papa Caio non possa essere
equivalente ad una in comunione con Papa Sempronio, mentre entrambe saranno
diverse da una Messa in cui non si riconosca alcun valido pontefice.
Analogamente non possiamo pensare di trovare una sintesi hegeliana tra
irremovibili posizioni preconciliari e le più deprimenti cadute di stile
moderniste, semplicemente, pretendendo che ognuno dei punti di partenza
opposti faccia un passo in direzione dell'altro.
Non di meno dobbiamo come cattolici ricordare tra tante e simili lacerazioni
che la divisione è opera del diavolo e se vogliamo efficacemente contrastare
la sua calunnia, prima ancora del logos dobbiamo sfoderare la spada dello
spirito di comunione gli uni con gli altri.
Forse è un mio limite non capire la gravità insita nella varietà di posizioni
che ho presentato, o forse il mio è davvero un eccesso di idealistica
ingenuità, ma ciò che negli ultimi anni mi ha arrecato sofferenza è l'astio
col quale i cattolici hanno iniziato a rivolgersi gli uni gli altri. Non i cattolici coi protestanti, coi musulmani o con gli atei, ma, giova
ripeterlo, i cattolici tra di loro...
Eppure siamo nello spirito tutti egualmente cattolici e romani, nel
momento in cui, nella pur grande differenza di sfumature, poggiamo egualmente
sui medesimi pilastri la maggior parte del peso della nostra fede tanto da non
farne crollare l'edificio: tutti condividiamo l'idea di una Chiesa di Roma ben rappresentata dalla
nostra Corredentrice, la Santissima Vergine Maria alla Quale rendiamo
egualmente devozione. Tutti riconosciamo un depositum fidei costruito in
quasi duemila anni di gloriosa storia e santità.
Le spaccature che hanno caratterizzato gli ultimi 60 anni della Chiesa sono il
segno che essa è finita nel mirino del maligno...
Poiché questo
triste corso è stato ampiamente predetto dalle Scritture e dalle profezie
diventa nostro ufficio più sacro non rendercene complici, ma al contrario
favorire una spinta opposta che riedifichi la Chiesa quale Una, Santa,
Cattolica e Apostolica.
Non spetta certo ai laici pretendere di riformare democraticamente dal basso
l'edificio di Roma. Noi possiamo però farci pervadere dallo Spirito Santo e
cominciare ad agire di conseguenza, quindi
non limitandoci più a dichiararci cattolici, ma iniziando a fare ed essere
cattolici così da imporre alle acque un nuovo e più giusto corso che le gerarchie
ecclesiastiche dovrebbero necessariamente cogliere come luminoso segno dei
tempi.
Faccio mia a questo punto un'esperienza di Grazia che un amico ha condiviso
con me nei giorni scorsi e che testimonia proprio la grande potenza dello
Spirito Santo in termini di riflessione e della sua capacità di ricondurci a un
unico ovile salvandoci dai mille fossati, in cui eravamo caduti.
Il mio amico rifletteva sul fatto che il passato non può cambiare, ma lo Spirito, che è fuori dal tempo, può agire
in noi e farci percepire il passato come se lo avessimo vissuto diversamente,
lavando via i nostri precedenti errori e la sofferenza che di conseguenza
portavamo dentro.
La mia impressione è infatti che in molti aderiscano a ciascuna delle
posizioni prima esposte non tanto come risultante di un ragionamento e
percorso di ricerca, ma solo in risposta a una propria pregressa sensibilità. Sembrerebbe che ognuno vada costantemente alla ricerca di argomenti a
sostegno della propria tesi pre-confezionata, anziché formarsi un'idea in base
ad argomenti studiati e vagliati con trasparenza.
Questo pregiudizio nei più dotti, da un lato, unito alla scarsa consapevolezza
dei più impreparati dall'altro, ha generato crepe nella costruzione della
Chiesa, crepe nelle quali il diavolo si è abilmente insinuato trasformandole
in enormi spaccature e lacerazioni. E i due opposti, gruppi di fedeli che si
ritengono tutti egualmente nel solco della correttezza dottrinale, sono così
impossibilitati a capirsi come fossero in una novella Babele...
E nel momento in cui ogni altra facoltà ha fallito, lasciarsi guidare dallo
Spirito Santo non appare più quindi una mera sparata retorica ed emotiva, ma
un consiglio, una prescrizione dal valore estremamente pratico. La
capacità di capire questo, e di metterlo in pratica, sarebbe il primo segno
distintivo del cristiano cattolico.
"Ma viene l'ora, anzi è già venuta che i veri adoratori adoreranno il Padre
in Spirito e Verità..." (San Giovanni 4:23). Laudetur Jesus Christus nunc et semper
Simone Boscali, Bergamo
Canale telegram
15 novembre
***
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a cura di Veronica Cireneo
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(Edward Zick, 2003) in cui il protagonista, capitano Nathan Algren,
interpretato da Tom Cruise, viene a contatto con la ribellione dei samurai
contro l'imperatore giapponese Meiji. Con sua sorpresa Algren scoprirà, però,
che i samurai non sono per nulla ribelli contro l'imperatore, sebbene ne
combattano l'esercito, ma suoi fedeli servitori, ché col proprio gesto stanno
cercando di ricondurlo alle radici del Sol Levante.
Questa premessa voleva introdurci con un po' di colore a un problema che la
Chiesa di Roma sta vivendo ormai da tempo: una crisi in cui varie fazioni di
samurai, per così dire, stanno prendendo le armi non per combattere il proprio
imperatore, quanto per indurlo a tornare alle vere origini del cattolicesimo.
Negli ultimi sessant'anni, dal grande fiume della Chiesa di Cristo, sono via
via derivati diversi corsi d'acqua, qualcuno più grande, qualcun altro
estremamente ridotto, quasi un rigagnolo, ognuno dei quali portatore delle
varie visioni che hanno dolorosamente diviso, e continuano a dividere, la Casa
Mistica del Signore.
E' bene ricordare come queste diverse correnti che andremo tra poco a elencare
non costituiscano di per sé scismi, eresie o fughe dalla Chiesa di Roma (o
almeno, per qualcuna tra esse, non volontariamente), ma al contrario
incarnino, ciascuna, la convinzione di costituire la vera Chiesa fondata da
Nostro Signore Gesù Cristo.
Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-65) la massima parte dei fedeli
ha seguito pacificamente il nuovo corso della Chiesa e questa tendenza
continua a prevalere anche oggi.
Ma già da allora una minoranza ha sostenuto la posizione sedevacantista
considerando come ultimo legittimo pontefice Pio XII e invalidi i suoi
successori. Un nucleo numericamente molto ridotto sebbene rigoroso nella
difesa della Tradizione e del catechismo, ma che, con la messa in discussione
delle ordinazioni episcopali da parte di coloro che da allora non sarebbero
più veri papi, porrebbe un serio problema di continuità e mera sopravvivenza
della Chiesa visibile, anche in contraddizione col non praevalebunt.
All'interno della maggioranza che è rimasta fedele alla Chiesa, un gruppo ha
comunque deciso di continuare a seguire la Tradizione continuando a vivere la
propria fede come prima del Concilio, reinterpretando quest'ultimo in senso
pastorale e ridimensionandone di contro la portata dottrinale, teologica e
dogmatica. Sono coloro che, riconoscendo valida la successione di Pietro,
vengono detti tradizionalisti. Si tratta del rigagnolo, per riprendere la
metafora fluviale con cui abbiamo iniziato questa esposizione, in cui si
riconosce chi vi scrive: un rigagnolo i cui navigatori hanno quale principale
caratteristica dottrinale una sorta di benevola “bipolarità” per la quale da
un lato riconoscono assolutamente la successione dei Vicari di Cristo, ma non
hanno esitato a esprimere verso di loro ogni possibile correctio filialis,
umili e costruttive critiche con le quali sperano, come farebbe un figlio che
non potesse tacere di fronte agli errori dei genitori, di ricondurre l'intera
Chiesa alla propria identità preconciliare.
In una sorta di limbo si pongono i sostenitori della tesi di Cassiciacum,
condensata nel concetto di sedeprivazionismo, secondo la quale la successione
dei pontefici dal CVII in poi sarebbe valida da un punto di vista per così
dire amministrativo, burocratico, ragion per cui i fedeli possono ritenere
validi gli atti papali dal contenuto non dottrinale, ma al contrario ogni
norma, enciclica, dogma o proclamazione di santi, insomma ogni atto dal sapore
spirituale sarebbe invece invalido. Non manca a questa posizione una dose di
(sano) opportunismo, poiché ha il merito di salvare la capra della successione
pontificia, e quindi la sopravvivenza della Chiesa visibile, e il cavolo della
Tradizione preconciliare: unica prospettiva di fede riconosciuta, con
conseguente giustifica alla disobbedienza agli errori dei consacrati, finanche
del papa.
Va detto a questo punto che tanto nella Santa Messa sedevacantista quanto in
quella sedeprivazionista viene omesso il nome del romano pontefice.
Gli ultimi anni hanno scavato dal grande fiume della Chiesa una nuova
derivazione. A partire dalle incongruenze nella declaratio con la quale papa
Benedetto XVI, l'11 febbraio 2013, non avrebbe tanto abdicato, ma si sarebbe
posto in sede impedita, una nuova corrente nutrita soprattutto dai fedeli
della maggioranza conciliare ha continuato a riconoscere proprio Benedetto
come ultimo pontefice valido e giudicato di contro Jorge Mario Bergoglio un
antipapa. Si tratta di una gruppo forse non molto numeroso, ma senz'altro
visibile grazie al contributo tanto di laici, quanto di consacrati ora di
maggiore spessore intellettuale, ora più semplicemente folkloristici.
Una precisazione necessaria vuole che tra questi fedeli vi sia un'ulteriore
distinzione, che da una parte ci dà l'impressione di essere di fronte ad
un'autentica scissione dell'atomo ecclesiastico, ma dall'altro merita una
profonda riflessione, poiché se alcuni “sedeimpeditisti” ritengono valida solo
la Santa Messa con il nome del papa omesso (e in comunione con Benedetto XVI
sino al 31 dicembre 2022), molti altri, sulla scorta di più recenti
riflessioni, considerano valide anche le funzioni in comunione con Bergoglio
grazie al principio del Supplet Ecclesia.
Se quanto scritto sin qui venisse letto dal cattolico medio il quale, non è un
giudizio ma una constatazione, ha una preparazione dottrinale del tutto nulla
e una convinzione nella propria fede spesso sostenuta solo dall'inerzia,
questa povera pecorella ne uscirebbe totalmente stordita e disorientata tanto
più che le divisioni che abbiamo rapidamente presentate non riguardano la
cristianità, ma la sola Chiesa cattolica postconciliare.
Come detto all'inizio, al pari dei samurai del capitano Algren, nessuno tra i
pensieri elencati ha mai avuto la minima intenzione di uscire dal Corpo della
Chiesa di Roma per creare un'altra confessione in odore di eresia o di scisma.
E al di là delle intenzioni nessuno può lanciare una simile accusa contro
alcuno di loro.
Semmai è vero che ciascuna corrente rivendica a sé l'autentica adesione alla
dottrina cattolica lasciataci da Nostro Signore e imputando l'errore alle
altre.
Lungi da me infarcire il momento di un molto poco credibile “volemose bene” o
di un improbabile ecumenismo intra moenia col quale voler forzatamente
considerare come cosa unica e indistinguibile tutte le identità cattoliche
della nostra carrellata.
E' evidente che una Santa Messa in comunione con papa Caio non possa essere
equivalente ad una in comunione con Papa Sempronio, mentre entrambe saranno
diverse da una Messa in cui non si riconosca alcun valido pontefice.
Analogamente non possiamo pensare di trovare una sintesi hegeliana tra
irremovibili posizioni preconciliari e le più deprimenti cadute di stile
moderniste, semplicemente, pretendendo che ognuno dei punti di partenza
opposti faccia un passo in direzione dell'altro.
Non di meno dobbiamo come cattolici ricordare tra tante e simili lacerazioni
che la divisione è opera del diavolo e se vogliamo efficacemente contrastare
la sua calunnia, prima ancora del logos dobbiamo sfoderare la spada dello
spirito di comunione gli uni con gli altri.
Forse è un mio limite non capire la gravità insita nella varietà di posizioni
che ho presentato, o forse il mio è davvero un eccesso di idealistica
ingenuità, ma ciò che negli ultimi anni mi ha arrecato sofferenza è l'astio
col quale i cattolici hanno iniziato a rivolgersi gli uni gli altri. Non i cattolici coi protestanti, coi musulmani o con gli atei, ma, giova
ripeterlo, i cattolici tra di loro...
Eppure siamo nello spirito tutti egualmente cattolici e romani, nel
momento in cui, nella pur grande differenza di sfumature, poggiamo egualmente
sui medesimi pilastri la maggior parte del peso della nostra fede tanto da non
farne crollare l'edificio: tutti condividiamo l'idea di una Chiesa di Roma ben rappresentata dalla
nostra Corredentrice, la Santissima Vergine Maria alla Quale rendiamo
egualmente devozione. Tutti riconosciamo un depositum fidei costruito in
quasi duemila anni di gloriosa storia e santità.
Le spaccature che hanno caratterizzato gli ultimi 60 anni della Chiesa sono il
segno che essa è finita nel mirino del maligno...
Poiché questo
triste corso è stato ampiamente predetto dalle Scritture e dalle profezie
diventa nostro ufficio più sacro non rendercene complici, ma al contrario
favorire una spinta opposta che riedifichi la Chiesa quale Una, Santa,
Cattolica e Apostolica.
Non spetta certo ai laici pretendere di riformare democraticamente dal basso
l'edificio di Roma. Noi possiamo però farci pervadere dallo Spirito Santo e
cominciare ad agire di conseguenza, quindi
non limitandoci più a dichiararci cattolici, ma iniziando a fare ed essere
cattolici così da imporre alle acque un nuovo e più giusto corso che le gerarchie
ecclesiastiche dovrebbero necessariamente cogliere come luminoso segno dei
tempi.
Faccio mia a questo punto un'esperienza di Grazia che un amico ha condiviso
con me nei giorni scorsi e che testimonia proprio la grande potenza dello
Spirito Santo in termini di riflessione e della sua capacità di ricondurci a un
unico ovile salvandoci dai mille fossati, in cui eravamo caduti.
Il mio amico rifletteva sul fatto che il passato non può cambiare, ma lo Spirito, che è fuori dal tempo, può agire
in noi e farci percepire il passato come se lo avessimo vissuto diversamente,
lavando via i nostri precedenti errori e la sofferenza che di conseguenza
portavamo dentro.
La mia impressione è infatti che in molti aderiscano a ciascuna delle
posizioni prima esposte non tanto come risultante di un ragionamento e
percorso di ricerca, ma solo in risposta a una propria pregressa sensibilità. Sembrerebbe che ognuno vada costantemente alla ricerca di argomenti a
sostegno della propria tesi pre-confezionata, anziché formarsi un'idea in base
ad argomenti studiati e vagliati con trasparenza.
Questo pregiudizio nei più dotti, da un lato, unito alla scarsa consapevolezza
dei più impreparati dall'altro, ha generato crepe nella costruzione della
Chiesa, crepe nelle quali il diavolo si è abilmente insinuato trasformandole
in enormi spaccature e lacerazioni. E i due opposti, gruppi di fedeli che si
ritengono tutti egualmente nel solco della correttezza dottrinale, sono così
impossibilitati a capirsi come fossero in una novella Babele...
E nel momento in cui ogni altra facoltà ha fallito, lasciarsi guidare dallo
Spirito Santo non appare più quindi una mera sparata retorica ed emotiva, ma
un consiglio, una prescrizione dal valore estremamente pratico. La
capacità di capire questo, e di metterlo in pratica, sarebbe il primo segno
distintivo del cristiano cattolico.
"Ma viene l'ora, anzi è già venuta che i veri adoratori adoreranno il Padre
in Spirito e Verità..." (San Giovanni 4:23). Laudetur Jesus Christus nunc et semper
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